martedì 7 maggio 2013

Un colloquio molto English



Dopo aver letto l’articolo di Tullio de Mauro nel numero 997 dell’Internazionale, il quale trattava della legge di Jacques Toubon, ministro della francofonia, che nel 1994 vietò l’uso di parole straniere in Francia, mi è venuto in mente un colloquio di lavoro che feci tempo fa.
I due protagonisti sono l’intervistatore (I) e io (L).


I - Buongiorno, si accomodi.
L - Buongiorno.
I – Allora, prima di iniziare il colloquio, le spiego brevemente, non per spaventarla, come questo sia un lavoro che non va assolutamente preso sottogamba. In questo business, una volta timbrata la card all’ingresso ci si concentra sul target da raggiungere fino al termine del proprio turno di lavoro. C’è solo un coffee-break e lo smartphone che diamo è prettamente per uso aziendale. Le ho descritto brevemente questi aspetti per farle capire fin dall’inizio la serietà e la professionalità richieste. Il primo mese comunque sia la persona selezionata sarà affiancata da un tutor. Ma venendo a lei, vedo dal suo curriculum che è stato nel suo precedente lavoro un Team Leader?
L - Si, insieme a XXX ho avuto la possibilità di fare un’esperienza che mi ha permesso di migliorare l’aspetto relativo al lavoro di squadra, al team building e quindi anche a sviluppare la capacità di problem solving dato che in diverse occasioni ho dovuto risolvere problematiche che si sono presentate nel corso dell’attività lavorativa. Ad esempio…
I - Oltre ad essere un buon problem solver però lei sa quanto sia importante riuscire a trovarlo il problema. Si reputa un buon problem finder?
L - Sì, perchè la caratteristica principale di un buon problem finder è innanzitutto prevenire le possibili difficoltà che si possono presentare. Per questa ragione periodicamente organizzavo dei meeting in cui, insieme a tutti i miei collaboratori, discutevamo dei programmi futuri e dei possibili ostacoli che avremmo potuto incontrare, tramite il brainstorming.
I - Dal nostro database come può vedere anche lei dal display, abbiamo diversi Partner. Alcuni immagino li conosca. Come ben lei saprà per vivere nel settore dell’import/export è necessario avere una rete, un network: link che aiutino a rafforzare il brand. Mi spieghi perché dovremmo assumerla come Junior Marketing Assistant; un ruolo che come sa comprende attività sia di front office che di back office. Pensa di avere il know-how necessario? Quali sono le sue principali skills che secondo lei potranno tornare utili all’azienda?
L - Il mio background formativo mi ha permesso di ottenere una conoscenza significativa per lavorare nel settore del marketing. Senza che le venga a spiegare nel dettaglio ogni step che ho fatto, dall’ultimo stage ho avuto modo di…
I - Molto bene, la ringrazio. Il recruiting continuerà per tutta la settimana, perciò le faremo sapere dal prossimo lunedì. Arrivederci.
L - La ringrazio, arrivederci.


Il dialogo è prevalentemente frutto della mia fantasia. Nonostante questo mi è capitato di avere di fronte un intervistatore che ricordo essermi rimasto impresso per il massiccio utilizzo di prestiti (parola che proviene da un'altra lingua) durante il colloquio.
Senza sostenere la bandiera dello sciovinismo né dell’esterofilia, ho voluto con questo dialogo mettere l’accento sulla presenza sempre maggiore di termini inglesi, non solo in particolari campi – informatica e materie scientifiche -, ma anche all’interno della vita quotidiana italiana.

Un piccolo GIOCO per voi: Ci sono due intrusi nel dialogo. Quali sono?

Assistant
Back Office
Background
Brain storming
Brand
Business
Card
Coffee-break
Curriculum
Database
Display
Front Office
Import/export
Junior
Know-how
Link
Marketing
Meeting
Network
Partnership
Problem finding
Problem solver
Problem solving
Recruiting
Skills
Smartphone
Stage
Step
Target
Team building
Team leader
Topic
Tutor

3 commenti:

  1. Caro Luca , l'argomento che hai proposto è a mio avviso molto interessante soprattutto perchè riflette una tendenza oramai pressante della nostra società , e cioè quella di uniformarsi ad un non ben precisato "standard" in ogni campo della vita; fermo restando che per alcuni termini , soprattutto in campo scientifico o tecnico , sono assolutamente favorevole all'utilizzo di "prestiti" , quello che mi chiedo è : " davvero essere team leader è meglio che essere Caposquadra oppure avere il know-how è più professionale di avere le capacità specifiche per svolgere un lavoro ?

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    1. Citando la tua domanda "davvero essere team leader è meglio che essere Caposquadra oppure avere il know-how è più professionale di avere le capacità specifiche per svolgere un lavoro?" sono portato a dirti di no. La lingua italiana è un nostro patrimonio che deve essere preservato anche sul luogo di lavoro. D'altro canto non possiamo nascondere che sempre più parole inglesi (visto che ormai l'inglese è la lingua internazionale per eccellenza) stiano entrando con prepotenza nel nostro vocabolario quotidiano. Faccio un esempio banale: la parola OK che sostituisce in molte occasioni il nostro va bene e che io utilizzo molto spesso. Detto questo non sono contrario all'utilizzo di termini inglesi in ambito economico e scientifico, ma i termini che hai citato sono davvero superflui e non ha senso rimpiazzarli.

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  2. A proposito degli anglicismi, ieri pomeriggio sono stato a una conferenza al Polo Fibonacci, durante l'Open Day della Ricerca, in cui un illustre fisico ha parlato dell'importanza della comunicazione scientifica verso i non addetti ai lavori. Durante il suo intervento durato una quindicina di minuti ha pronunciato svariate volte i seguenti termini: business plan, green tech, ranking, start up, spin off, network, peer review, leaders, leadership, technology transfer, match up, campus.
    Al di là dei "problemi" di comunicazione verso cui, non lo nego, certi inglesismi sono necessari e insostituibili, vorrei far notare il nome dato alla manifestazione.

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